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La radice dell’ Erica Arborea, comunemente chiamata Radica, è sicuramente tra le varie radiche, quella più adatta alla produzione delle pipe poiché è di legno duro e molto resistente al calore.

 

L’Erica Arborea è un arbusto tipico della macchia Mediterranea.
Circa il 30% degli arbusti di Erica generano un rizoma, comunemente chiamato ciocco, che si sviluppa tra le radici della pianta, poco sotto la linea del terreno e che in piante di circa 70 anni di vita raggiunge le dimensioni di circa il doppio di un pallone da rugby.
In genere questa è la dimensione minima  per poter essere raccolto.
Non si sa il perché, solo un terzo degli arbusti generano il rizoma, resta il fatto che se il bosco brucia, molto spesso a causa delle attività umane , queste sono le sole piante a sopravvivere all’ incendio.
Tuttavia nello sforzo di rigenerare la pianta il rizoma si prosciuga,  perde di consistenza e non è più utilizzabile.
Di ciocco ce n’è parecchio poiché è da considerarsi una pianta endemica, purtroppo pochi sono i boschi di macchia mediterranea che non hanno subito incendi per almeno 70 anni e si trovano quasi sempre in luoghi scoscesi ed inaccessibili.
Numerose sono le fasi di lavorazione del ciocco. Alcune sono molto faticose e non privi di rischi.
La prima fase viene gestita dal boscaiolo che, prima di cavare il ciocco, deve ottenere le autorizzazioni necessarie poiché i terreni ove si trova la Radica sono quasi sempre in terreni demaniali prospicienti il mare. 
Una volta estratto, il ciocco viene in parte pulito e quindi trasportato in segheria prestando particolare attenzione a proteggerlo dal calore diretto del sole e dalle correnti d’ aria per evitare che si formino crepe dovute al ritiro repentino del legno solo nella parte esterna del ciocco.
Per questo motivo si evita l’estrazione nei periodi più caldi dell’anno. 
La seconda fase avviene nelle segherie, dove il ciocco viene pulito soprattutto dai sassi, che rappresentano un pericolo aggiunto per chi lavora con le grosse seghe circolari.
Qui il ciocco viene stoccato con la massima cura all’umido e al fresco per evitare che si danneggi pronto per essere tagliato  con le seghe circolari in abbozzi a forma di pipa di varie dimensioni.
Gli abbozzi vengono ritagliati completamente a mano libera dal ciocco in varie misure standard cercando ottimizzare al massimo la resa ed eliminando il marcio.
Gli abbozzi per  realizzare le pipe dritte vengono chiamati Marsigliesi,  per le curve Rilevati.
Per realizzare le pipe fiammate, considerate dei veri gioielli di radica, invece si usano le Placche, che sono abbozzi particolarmente venati che superiormente mostrano la buccia del ciocco.
Il segantino infatti, esaminando con attenzione la buccia del ciocco, con l’ esperienza riesce, se c’è, ad estrarre  la Placca fiammata.
Si dice in gergo che “tira alla placca”, soprattutto perché è quella per lui più redditizia sempre che sia pura, ovvero che non presenti tare visibili esternamente altrimenti deve trasformarla in abbozzo.
La fase successiva è la bollitura ove gli abbozzi, separati per qualità e posti in robuste reti,  vengono bolliti in grosse caldaie di rame per circa 12 ore a fuoco vivo utilizzando gli scarti del taglio come combustibile.
Questo processo di lavorazione serve a “stabilizzare” la radica ed ad espellere il tannino presente in tutte le radici.
La scelta della qualità degli abbozzi avviene prima della bollitura perché dopo non sarebbe più possibile.
Gli abbozzi, espellendo il tannino durante la bollitura, si colorano superficialmente di marrone scuro occultando così venatura ed eventuali tare superficiali.
La migliore qualità è l’Extra, poi a seguire la Prima,  ed infine la Seconda o misto.
Gli abbozzi di qualità extra o extra-extra dovrebbero avere una bella vena e nessuna tara visibile almeno in superficie e sono destinati alle pipe lisce e chiare.
Questo almeno in teoria perché gli abbozzi sono un prodotto di madre natura e possono presentare tare nascoste anche molto estese.
Gli abbozzi trasformati in teste semilavorate subiscono una prima determinante scelta di finitura per ottimizzare al massimo la produzione.
In effetti stiamo parlando di una materia prima costosissima e bisogna cercare di vendere tutto ciò che si è sbozzato.
Le teste  con piccole tare vengono stuccate e poi tinte con colori più o meno scuri.
Invece le teste che presentano screpolature o crepe superficiali vengono sabbiate. 
La sabbiatura si ottiene spruzzando le teste con un getto d’aria compressa e sabbia che asporta le parti tenere del legno mettendone in risalto la trama.
E’ perciò importante che la trama sia uniforme e che non vi siano parti tenere per ottenere una bella sabbiata.
Abbiamo infine gli abbozzi destinati alla rusticatura. Questa particolare lavorazione elimina più che nascondere eventuali tare superficiali od una trama del legno poco significativa.
La rusticatura è un lavoro lungo e faticoso, che viene fatto a mano con l’ausilio di semplici attrezzi come sgorbie e spatole chiodate dopo aver messo a macerare le teste per qualche ora per ammorbidirle. Il risultato finale può stupire sia per estetica che per qualità di fumata.
Tutte queste lavorazioni infatti hanno ragione di esistere per necessità puramente estetiche e non hanno nulla a che fare con la qualità della fumata, ma si sa, stiamo parlando di gioielli di radica e anche l’ occhio vuole la sua parte. 
Un discorso a parte deve essere fatto per la stuccatura, che è una necessità ineluttabile se si considera che in percentuale solo l’ 8% delle teste a forma predefinita, posto che si lavori solo extra, escono veramente “ PURA” .
Questa percentuale può aumentare sino al 12% se si possono apportare variazioni di forma al modello.
 Ben pochi dichiarano, per un rapporto di massima trasparenza con la clientela, quando le teste sono pure al 100% e cioè che durante la lavorazione non è stato necessario utilizzare artifizi per nascondere eventuali difetti estetici della radica.
 Il vero limite della stuccatura è che comunque nasconde quanto sia effettivamente grande il difetto del legno è questo è lasciato solo alla serietà dei produttori.
Di fatto la stuccatura non inficia la fumata ma può creare solo degli inestetismi nel tempo perché il legno con l’uso scurisce mentre le stuccature no e quindi le stuccature diventano visibili con l’ uso prolungato soprattutto nelle finiture chiare.
Una volta bollita, la radica va “raffermata” in ambienti chiusi perché non è ancora trasportabile (rischio di rotture e crepe perché in questa prima fase il ritiro del materiale gonfio d’ acqua è notevole) e deve rimanere in segheria per almeno un paio di mesi e solo dopo questo periodo può essere consegnata ai produttori di pipe.
La seconda parte della stagionatura avviene presso i magazzini dei produttori.
Alla stagionatura forzata, che avviene con appositi macchinari deumidificatori e che permette un più veloce ritorno del capitale investito, si contrappone la stagionatura naturale,  il metodo più amato dai vecchi produttori di pipe ed il migliore per espellere i residui di tannino contenuto nelle radici che è la causa del pizzicore alla bocca fumandole pipe nuove.
La stagionatura naturale avviene in ambienti protetti.In genere la radica viene lasciata stagionare per almeno 12 mesi. 
Stagionature più lunghe rendono gli abbozzi più dolci ma è meglio non eccedere perché la radica molto vecchia prende più facilmente il tarlo.
Il tarlo in un deposito di radica è il vero pericolo ed una iattura perché non c’ è nulla che possa debellarlo e gli abbozzi danneggiati sono inutilizzabili.
L’ unico modo, se vi sono tracce di segatura in una casella, è di far passare attentamente la radica contenuta e di bruciare immediatamente tutti gli abbozzi infetti.